Salve, sono Chiara e sono fidanzata da qualche mese con Federico. Ci conosciamo da tantissimi anni e tra di noi c\\\\\\\'è molta confidenza. A novembre dell\\\\\\\'anno scorso il mio ragazzo ha cominciato ad avere problemi all\\\\\\\'occhio, ha avuto un\\\\\\\'ulcera corneale e è stata riscontrata poi un\\\\\\\'Acanthamoeba all\\\\\\\'occhio. Ha sofferto molto, sia a livello fisico che psicologico, perché i dolori erano forti e per molti mesi non poteva uscire di casa. Adesso cominciano ad esserci miglioramenti. il risultato di tutto questo è che ora ha sviluppato un\\\\\\\'eccessiva paura dello sporco. Secondo me è dovuta al fatto che ha il timore che possa succedergli ancora qualcosa agli occhi. Ma a tutto c\\\\\\\'è un limite. Leggendo su questo sito vedo che i sintomi sono simili alla rupofobia:ossessione di contaminazione, rituali di pulizia, lavaggio delle mani molto frequente,evita lo sporco,superstizione e immaginazione di sporco,gocce di acqua sul viso e braccia. La situazione sta però diventando pesante anche per me. Non è semplice condividere e rispettare tutte queste sue necessità e ritengo che non siano del tutto \\\\\\\"normali\\\\\\\". Cosa posso fare? Come posso aiutarlo? Grazie della disponibilità!!!!!!
Dr Caterina Prioreschi
TL158 Medico di ABCsalute.it
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Se vuoi non peggiorare la situazione, fai finta di niente per ora. Aspetta: bisogna capire se la sua "paura dello sporco" è reattiva e momentanea o se la patologia dell'occhio ha slatentarizzato una sua problematica latente. Se così fosse, tu potresti far ben poco e sarebbe necessario l'intervento di uno specialista. Speriamo in bene!
Dott.ssa Marcella Cannalire
WB1232 Medico di ABCsalute.it
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Gentile Chiara, anche se in ritardo vorrei risponderle anch'io e aggiungere qualche considerazione. Sono d'accordo sull'inquadramento diagnostico della collega e anche sull'indicazione generale di come muoversi. Ci tengo a dirle di non concentrarsi troppo sulle etichette diagnostiche e sui nomi dei vari disturbi che ha trovato in rete e anch'io e noi da questo forum possiamo fornirle. Al di là del rischio più grave e spesso ricordato di provocare un giudizio se non addirittura un pregiudizio sulla persona che sta male, inducono una visione riduttiva del problema e l'aspettativa di una cura semplificata. È chiaro che Federico non sta avendo comportamenti "normali". Sono sicuramente problematici, ma non penso che sapere il loro nome diagnostico la possa aiutare. Spesso - nel campo dei problemi psichici - non aiuta in modo semplice e chiaro neanche noi specialisti, perché non esiste una cura farmacologica, né un tipo prefissato di cura psicologica per ognuno dei disturbi diagnosticabili. E perché la presenza di alcune caratteristiche di un disturbo non bastano per fare un disturbo. Federico ha comportamenti sicuramente simili ai tratti del disturbo ossessivo-compulsivo, ma potrebbero - e ce lo auguriamo - essere passeggeri e non permanenti e dunque essere solo una reazione transitoria e non un disturbo. Peraltro per il disturbo ossessivo-compulsivo sono sì previste terapie farmacologiche specifiche e psicologiche, ma i soggetti non rispondono in modo univoco e gli effetti di cura si ottengono - come quasi sempre succede - grazie a un intervento individualizzato, oltre che voluto e sentito dalla persona. Non mi sembra il caso di Federico. Tra l'altro sta chiedendo lei un aiuto e il problema è più sentito o fa soffrire e preoccupare più lei che lui. Tutto normale! Nel senso di diffuso, ciò non toglie che il suo disagio esista e sia vero. È spesso più difficile infatti sostenere il problema per chi sta vicino, piuttosto che per chi manifesta il problema e che molto probabilmente sta "meno male", perché sta reagendo e trovando un modo di "rispondere" alla sofferenza che ha patito. Come non capire Fedrico che ha dovuto sopportare dolori fisici e forti preoccupazioni a lungo. Forse se le porta dentro, forse miste a rabbia. E per non sentire, fa. Per non sentire le emozioni, pulisce, toglie lo sporco. Pensando - inconsciamente - di togliere la sofferenza, il problema, il rischio di provare dolore ancora. In questi casi, se la persona non chiede o non è disponibile ad approfondire quello che ha dentro (con una consultazione psicologica o con una psicoterapia), può essere meglio limitarsi alla vicinanza, che non è poco, alla condivisione con una presenza tollerante e affettuosa. Non si può neanche essere troppo accondiscendenti; anche perché non funziona. Meglio porre dei limiti o far notare - nel modo più neutro possibile, ma fermo - le conseguenze e la complicazione della vita quotidiana provocati dai comportamenti problematici. O cercare di non farsi coinvolgere troppo, prendere un po' di distanza, in attesa che Federico esprima in questo modo e "digerisca", sciogliendola, la sua sofferenza. Esserci, come nella meditazione (o Mindfulness, usata anche in psicoterapia). Aspettarlo. Dopo tanti anni e data la confidenza può farlo. Stare con lui, ma senza dimenticarsi di se stessa. E senza aspettare all'infinito!
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